poesie famose

testi poetici, frammenti di poesia, parole poetiche, citazioni in prosa!

Non sarà che al matrimonio di animi costanti
io ponga impedimenti: non è amore quell’amore
che muta quando scopre i mutamenti
o tende a ritirarsi se l’altro si ritira.
Oh no, esso è un faro per sempre fisso
Che guarda alle tempeste e mai ne è scosso;
è la stella polare per ogni nave errante,
e il suo valore resta ignoto, anche se l’altezza ne sia presa.
L’amore non è lo zimbello del tempo, anche se rosee labbra e guance
Cadono nel compasso della sua falce ricurva;
l’amore non muta con le sue brevi ore e settimane,
ma resiste fino all’orlo del giudizio.
Se questo è errore e mi sia provato,
io non ho mai scritto e nessuno ha mai amato.

(Shakespeare, Sonetto 116)

Come la luce rapida
piove di cosa in cosa,
e i color vari suscita
dovunque si riposa;
tal risonò moltiplice
la voce della Spiro:
l’Arabo, il Parto, il Siro
in suo sermon l’udì.

(Manzoni, La Pentecoste)

Come rugiada al cespite
dell’erba inaridita,
fresca negli arsi calami
fa rifluir la vita,
che verdi ancor risorgono
nel temperato albor;
tale al pensier, cui l’empia
virtù d’amor fatica,
discende il refrigerio
d’una parola amica,
e il cor diverte ai placidi
gaudii di un altro amor.

(Manzoni, Adelchi – atto quarto)

E come il vento
odo stormir tra queste piante, io quello
infinito a questa voce
vo comparando: e mi sovvien l’eterno,
e le morte stagioni, e la presente
e viva, e il suon di lei. Così tra queste
immensità s’annega il pensier mio:
e il naufragar m’è dolce in questo mare.

(Leopardi, L’infinito)

Che fai tu luna in ciel? dimmi, che fai
silenziosa luna?
Sorgi la sera, e vai,
contemplando i deserti; indi ti posi.

(Leopardi, Canto notturno di un pastore errante dell’Asia)

E quando miro in cielo arder le stelle;
dico fra me pensando:
a che tante favelle?
Che fa l’aria infinita, e quel profondo
infinito seren? che vuol dir questa
solitudine immensa? Ed io che sono?

(Leopardi, Canto notturno di un pastore errante dell’Asia)

Forse s’avess’io l’ale
da volar su le nubi,
e noverar le stelle ad una ad una,
o come il tuono errar di giogo in giogo,
più felice sarei, dolce mia greggia,
più felice sarei, candida luna.

(Leopardi, Canto notturno di un pastore errante dell’Asia)

Tutta la terra pare
argilla offerta all’opera d’amore,
un nunzio il grido, e il vespero che muore
un’alba certa.

(D’Annunzio, Lungo l’Affrico, Alcyone)

Azzurri, come il cielo, come il mare,
o monti! o fiumi! Era miglior pensiero
ristare, non guardare oltre, sognare:
il sogno è l’infinita ombra del Vero.

(Pascoli, Alexandros – Poemi Conviviali)

Io sono vivo e non concludo. La vita non conclude. E non sa di nomi, la vita. Quest’albero, respiro tremulo di foglie nuove. Sono quest’albero. Albero, nuvola o vento: il libro che leggo, il vento che bevo. Tutto fuori, vagabondo.

(Pirandello, Uno, nessuno e centomila)

Amai trite parole che non uno
osava. M’incantò la rima fiore
amore,
la più antica difficile del mondo.
Amai la verità che giace al fondo,
quasi un sogno obliato, che il dolore
riscopre amica. Con paura il cuore
le si accosta, che più non l’abbandona.
Amo te che mi ascolti e la mia buona
carta lasciata al fine del mio gioco.

(Saba, Amai, Canzoniere)

Ma nel cuore
nessuna croce manca
E’ il mio cuore
il paese più straziato

(Ungaretti, San Martino del Carso)

M’illumino d’immenso

(Ungaretti, Mattina)

poesia è il mondo l’umanità
la propria vita
fioriti dalla parola
la limpida meraviglia
di un delirante fermento
Quando trovo
in questo mio silenzio
una parola
scavata è nella mia vita
come un abisso

(Ungaretti, Commiato)

Libeccio sferza da anni le vecchie mura
e il suono del tuo riso non è più lieto:
la bussola va impazzita all’avventura
e il calcolo dei dadi più non torna.
Tu non ricordi; altro tempo frastorna
la tua memoria; un filo s’addipana.
Ne tengo ancora un capo; ma s’allontana
la casa e in cima al tetto la banderuola
affumicata gira senza pietà.

(Montale, La casa dei doganieri)

Per me si va nella città dolente,
per me si va ne l’etterno dolore,
per me si va ne la perduta gente.
Giustizia mosse il mio alto fattore;
facemi la divina protestate,
la somma sapienza e ‘l primo amore.
Dinanzi a me non fuor cose create
se non etterne, e io etterno duro.
lasciate ogne speranza, voi ch’intrate.

(Dante, Inferno – Canto terzo, Divina Commedia)

Amor, ch’a nullo amato amar perdona,
mi prese del costui piacer sì forte,
che come vedi, ancor non m’abbandona.

(Dante, Inferno – Canto quinto, Divina Commedia)

Considerate la vostra semenza:
fatti non foste a viver come bruti,
ma per seguir virtute e conoscenza.

(Dante, Inferno – Canto ventiseiesimo, Divina Commedia)

Tu proverai sì come sa di sale
lo pane altrui, e come è duro calle
lo scendere e salir per l’altrui scale.

(Dante, Paradiso, Divina Commedia)

Vergine madre, figlia del tuo figlio,
umile e alta più che creatura,
termine fisso d’eterno consiglio,
tu sè Colei che l’umana natura
nobilitasti sì, che ‘l suo fattore
non disdegnò di farsi sua fattura.
Nel ventre tuo si raccese l’amore
per lo cui caldo ne l’eterna pace
così è germinato questo fiore.
Qui sè a noi meridiana face
di caritate, e giuso, intra i mortali,
sè di speranza fontana vivace.

(Dante, Paradiso, Divina Commedia)

Io non ho bisogno di denaro.
Ho bisogno di sentimenti,
di parole, di parole scelte sapientemente,
di fiori detti pensieri,
di rose dette presenze,
di sogni che abitino gli alberi,
di canzoni che facciano danzare le statue,
di stelle che mormorino all’orecchio degli amanti.
Ho bisogno di poesia, questa magia che brucia la pesantezza delle parole,
che risveglia le emozioni e dà colori nuovi.

(Alda Merini)

Lentamente muore chi diventa schiavo dell’abitudine, ripetendo ogni giorno gli stessi percorsi, chi non cambia la marcia, chi non rischia e non cambia colore dei vestiti, chi non parla a chi non conosce.
Muore lentamente chi evita una passione, chi preferisce il nero su bianco e i puntini sulle “i”, piuttosto che un insieme di emozioni, proprio quelle che fanno brillare gli occhi, quelle che fanno di uno sbadiglio un sorriso, quelle che fanno battere il cuore davanti all’errore e ai sentimenti.
Lentamente muore chi non capovolge il tavolo, chi è infelice sul lavoro, chi non rischia la certezza per l’incertezza, per inseguire un sogno, chi non si permette almeno una volta nella vita di fuggire ai consigli sensati.
Lentamente muore chi non legge, chi non viaggia, chi non ascolta musica, chi non trova grazia in se stesso.
Muore lentamente chi distrugge l’amor proprio, chi non si lascia aiutare, chi passa i giorni a lamentarsi della propria sfortuna o della pioggia incessante.
Lentamente muore chi abbandona un progetto prima di iniziarlo, chi non fa domande sugli argomenti che non conosce, chi non risponde quando gli chiedono qualcosa che conosce.
Evitiamo la morte a piccole dosi, ricordando sempre che essere vivo richiede uno sforzo di gran lunga maggiore del semplice fatto di respirare.
Soltanto l’ardente pazienza porterà al raggiungimento di una splendida felicità…

(Martha Madeiros, Chi muore (Ode alla Vita))